In Emilia-Romagna, su 345 mila persone non autosufficienti, i possibili percettori saranno appena 1.530; altro che prestazione universale, è una presa in giro
Dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 entrerà in vigore una fase sperimentale della cosiddetta “Prestazione Universale” (PU) mirata a fornire sostegno alle persone anziane non autosufficienti. I limiti strutturali e di finanziamento della PU mettono in discussione la reale efficacia della misura.
Cosa prevede la Prestazione Universale?
La Prestazione Universale è rivolta a persone con almeno 80 anni di età, un valore ISEE socio-sanitario inferiore a 6.000 euro e un bisogno assistenziale riconosciuto come gravissimo, secondo criteri che saranno definiti da un decreto ministeriale atteso a breve. I destinatari devono inoltre essere titolari dell’indennità di accompagnamento o possedere i requisiti per ottenerla. Il beneficio si articola in due componenti: una quota monetaria fissa corrispondente all’indennità di accompagnamento e una seconda quota integrativa, pari a 850 euro mensili, finalizzata a coprire i costi del lavoro di cura o l’acquisto di servizi assistenziali presso il domicilio. Il supporto sarebbe dunque concepito per favorire la permanenza degli anziani nelle proprie case, remunerando il lavoro di cura svolto da personale qualificato o, in alternativa, acquistando servizi di assistenza.
I limiti del provvedimento: risorse insufficienti e criteri troppo selettivi
In Emilia-Romagna, su 345 mila persone non autosufficienti, le persone con oltre 80 anni di età con assegno di accompagnamento sono 65.875 ma i possibili percettori, secondo i criteri decisi dal Governo, saranno appena 1.530, stimabili in poche decine nella sola provincia di Rimini. Si tratta perciò dell’ennesimo provvedimento “bandiera” volto solo a fare propaganda, che dietro all’altisonante denominazione di universale nasconde l’incapacità di rispondere a un problema che sta diventando insostenibile per le famiglie: la non autosufficienza.
Inoltre: il fondo annuale è fissato a 250 milioni di euro, una somma che secondo le stime dello stesso Governo dovrebbe coprire solo 25.000 beneficiari a livello nazionale. Questo significa che su circa 4 milioni di anziani non autosufficienti, meno dell’1% (lo 0,60% circa) potrà effettivamente usufruire di questa forma di sostegno.
Da ultimo l’amaro rovescio della medaglia: salvo modifiche alla norma, chi avrà diritto alla prestazione “universale” dovrà rinunciare ad eventuali altri contributi locali o regionali.
In conclusione: un provvedimento che di fatto nega un diritto che dovrebbe essere davvero universale, disattendendo la Legge sulla non autosufficienza; una norma inadeguata che giocando con le parole si fa beffe di un’ampia platea di famiglie, che rimarranno amaramente a bocca asciutta.
Rimini, 10/1/2025
SPI CGIL Rimini
Segreteria provinciale