Assemblea Generale Camera del Lavoro Territoriale di Rimini – 16 gennaio 2024
Venti di guerra e sfide per la democrazia
Il 2024 sarà pieno di appuntamenti e sfide, ma più di tutto dovremo prepararci a venti di guerra che purtroppo continuano ad allargarsi e ad intensificarsi e dagli esiti imprevedibili. A 100 giorni siamo a 23.000 civili palestinesi uccisi; il mondo è attraversato dalla terza guerra mondiale a pezzi come l’ha definita Papa Francesco.
In molti Paesi si voterà e questo non sarà indifferente nel determinare i prossimi equilibri mondiali. 4 miliardi di persone andranno alle urne in Paesi con diversi gradi di libertà. L’impegno sarà organizzare come accaduto durante il Congresso, con la collaborazione di “Atlante delle Guerre” un momento di approfondimento sugli assetti geopolitici.
La sfida per la Casa Bianca con Donald Trump davanti nei sondaggi; a Taiwan si sono giocati i rapporti Usa-Cina dei prossimi anni, e la conferma con il 40% dei voti al partito progressista, conferma che i cittadini si sentono solo taiwanesi; in India Modì è stato confermato al comando grazie al boom economico, ma violando i diritti delle minoranze; nel Regno Unito dopo il flop della Brexit e la crisi economica, finanziaria e sociale i laburisti potrebbero sperare; in Russia con la repressione, la totale censura dei media, la propaganda statale e l’assenza dell’opposizione il risultato è scontato. Ma Putin ambisce a rimanere sino al 2036 e battere Stalin. In Venezuela Maduro ha accettato il confronto con l’opposizione.
E poi a giugno voteranno i 27 paesi dell’Unione Europea, 400 milioni di elettori; i partiti del centro popolare dovranno fronteggiare la destra populista e l’Unione sarà ad un bivio. Infine, le regionali e poi nel nostro territorio si voterà in 16 Comuni, dove in diversi, al di sotto dei 5 mila abitanti, i sindaci potrebbero ambire al terzo mandato.
E l’altra sfida riguarderà l’annunciata modifica della Costituzione e gli effetti della proposta di legge sull’autonomia differenziata, con l’iter del DDL Calderoli che parte proprio oggi, e che da tempo stiamo denunciando, non per ultimo attraverso la recente campagna dei diritti nella scuola, con il no alla scuola delle Regioni.
Le modifiche costituzionali, in particolare, determinerebbero uno squilibrio dei poteri, svuotando il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, superando la centralità del Parlamento come sede della rappresentanza democratica del popolo. Per esempio, il Presidente Mattarella non potrebbe più intervenire come ha fatto recentemente sulla proroga della legge sulla concorrenza, evidenziando come prorogare le concessioni per ambulanti e balneari è incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, e anche che nei criteri di entrata non si possono favorire i concessionari uscenti.
Noi definiamo il premierato, quindi l’elezione diretta del capo del governo, una deriva autocratica, e una falsa investitura popolare.
La crisi della democrazia non è dovuta all’instabilità dei governi ma dal deficit di rappresentatività, e per questo sosteniamo che le persone che rappresentiamo finirebbero per contare ancora meno, ed essere chiamate una volta ogni cinque anni a firmare una delega in bianco a chi concentrerà nelle sue mani tutto il potere senza dover rendere più conto a nessuno durante il proprio mandato.
Se questa riforma dovesse andare avanti, non ci troverà impreparati, così come non ci ha trovato impreparati in passato; la affronteremo con una campagna formativa-informativa nei luoghi di lavoro, nelle leghe dei pensionati, tra i cittadini.
La Via Maestra per la quale l’intera Organizzazione è impegnata, la strada da percorrere per un Paese che non vuole rassegnarsi, è anche nelle parole del Capo dello Stato nel discorso di
fine anno che individua le priorità e dice da che parte bisogna stare: “Il lavoro che manca, quello sottopagato, quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime”. Le immani differenze di retribuzione tra pochi super privilegiati e tanti che vivono nel disagio”.
E poi, il Presidente della Repubblica ha parlato del diritto degli anziani ad essere rispettati, affermando che occorre ascoltare i giovani e gli anziani, preoccupati di pesare sulle loro famiglie, mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto. Sul modello di democrazia, sulla pace e sulla giustizia sociale, la CGIL ha avviato nel 2023 il percorso denominato “La via maestra” che ha visto convergere decine di associazioni attorno ad una comune piattaforma rivendicativa; anche per CGIL Rimini questa resta una strada da percorrere.
Le politiche economiche e sociali del Governo nel vuoto delle politiche industriali
Per come è iniziato, il 2024, purtroppo, non si annuncia migliore di quello appena passato, chiuso con la manovra finanziaria del Governo. Una manovra da 28 miliardi finanziata con 15,6 miliardi di extradeficit.
Giorgia Meloni ha dichiarato che questa Manovra mette al centro le famiglie, il lavoro e le imprese, ma per noi è una legge di bilancio all’insegna del ritorno all’austerità e che non dà risposte, in primo luogo all’emergenza salariale.
Perché non c’è alcuna risposta a un’emergenza salariale causata da un’inflazione da profitti che negli ultimi due anni ha falcidiato fino al 17% il potere di acquisto dei salari; la decontribuzione si limita a confermare i redditi attuali ed è a termine; l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef, anche questo per il solo 2024, apre la strada alla Tassa Piatta, regalo per i redditi più alti, e produce vantaggi pressoché impercettibili sulle buste paga e sulle pensioni più basse; e il concordato fiscale per gli autonomi, che premia chi ha evaso di più.
Un susseguirsi di misure in vista delle elezioni europee che non premiano lavoratori dipendenti, pensionati e contribuenti onesti.
L’esecutivo ha fatto cassa sui pensionati non rivalutando le pensioni in base al costo della vita (in provincia ha colpito 28.000 pensioni), e riuscendo perfino a peggiorare la legge Monti/Fornero; infatti, sarà più difficile andare in pensione perché sono stati introdotti paletti, allungate le finestre e aumentati i requisiti per Opzione donna e Ape sociale.
I giovani saranno sempre più penalizzati.
Si taglia ancora una volta su sanità, scuola, politiche sociali ed enti locali. Pur stanziando risorse per il rinnovo dei CCNL dei lavoratori pubblici per il triennio 2022-2024 pari al 6%, risultano essere insufficienti rispetto alla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione.
Il 2024 poi, sarà l’anno più impegnativo per la contrattazione nel privato; se non verranno rinnovati rapidamente i contratti del terziario e del turismo che interessano una platea di 5 milioni di lavoratrici e lavoratori e che sono scaduti da diversi anni, si potrebbe arrivare al record di 10 milioni di addetti con i contratti da rinnovare.
Quando parliamo di contrattazione, parliamo di innovazione e produttività, strettamente legate alla politica industriale che non c’è, mentre si continua a delegare tutto al mercato, e con i soliti incentivi a pioggia alle imprese, e questo mentre vengono sbandierati dalla ministra del Lavoro i dati dell’Istat sull’aumento dell’occupazione, come un chiaro successo delle politiche del Governo, tralasciando che però non sono aumentati i redditi e che cala la produttività, la produzione, e la crescita economica, e allora che tipo di lavoro è aumentato? I dati ci parlano della quantità ma non della qualità del lavoro, che resta bassa come i salari. Anche in termini di quantità, peraltro, le misure del Governo volte ad impedire l’accesso alla pensione ad ampie fasce di lavoratrici ed lavoratori stanno impattando sui dati.
E ancora peggio, si tolgono 2,3 miliardi del Fondo di sviluppo e coesione destinati alle regioni del Mezzogiorno per assegnarli al Ponte sullo stretto (le vicende giudiziarie dei Verdini ci confermano quello che già sapevamo a proposito dei loschi affari che si nascondono dietro certi investimenti).
Contro le scelte di questo Governo e delle controparti datoriali, la nostra Organizzazione ha tutta l’intenzione di portare avanti la mobilitazione anche nei mesi a venire, per contrastare l’impoverimento di lavoratori e pensionati.
Questo Governo pigliatutto ha occupato qualsiasi ambito impossessandosi anche dell’informazione. Non sarà facile dunque, riuscire ad essere sempre presenti con il nostro punto di vista, per alimentare una narrazione diversa, una controinformazione alternativa a quella del Governo che continua a ribadire che la coperta è corta senza pronunciare una sola parola sugli oltre 90 miliardi di evasione all’anno.
Nel 2022 ne sono stati recuperati 20 miliardi e di questi solo 6 milioni attraverso l’impegno dei Comuni, pari allo 0,007%; poco più di 3milioni di euro sono tornati alle Amministrazioni comunali, quale contributo per la loro partecipazione all’attività di accertamento fiscale.
Un’azione, in chiave antievasione, che vede Rimini all’ottavo posto tra i Comuni capoluogo di provincia, con €47.000. Una cifra importante, rispetto ad altri capoluoghi italiani, ma nettamente inferiore a quella riscossa negli anni passati. E per il resto dei nostri Comuni, solo Riccione, Santarcangelo e Cattolica hanno effettuato delle segnalazioni per un ritorno che non supera il migliaio di euro.
Con piante organiche ridotte all’osso e del tutto impreparate ad affrontare queste tematiche, per molti Comuni ricorrere a questa misura è pressoché impossibile.
Eppure, con quest’azione molti Sindaci avrebbero più risorse a disposizione, mentre i cittadini onesti, che sono la maggioranza, avrebbero servizi migliori e tasse locali più leggere. Un diverso contesto rispetto alle piante organiche giustificherebbe una maggiore convinzione da parte di tutti i Comuni nel contrasto all’evasione fiscale.
La legge di Bilancio assieme alla Delega Fiscale produrrà una riduzione della spesa pubblica con effetti sulle condizioni economiche e sociali delle persone che rappresentiamo.
Queste riduzioni già sappiamo che si tradurranno in taglio ai servizi e prestazioni, maggior prelievo e iniquità fiscale, aumenti tariffari, riduzione degli investimenti, e quindi aumento delle fragilità e diseguaglianze.
L’azione politico-sindacale nel territorio
In un territorio come il nostro, conosciamo bene le iniquità e le disuguaglianze contro le quali quotidianamente sono impegnate le categorie, in una costante azione di difesa e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, attraverso la contrattazione e l’azione politico-sindacale nei confronti delle imprese e delle Istituzioni.
Un territorio dove, oltre la metà degli occupati sono o stagionali o hanno un contratto a tempo determinato. Gli stagionali lavorano in media solo 82 giornate all’anno con una retribuzione annua che non supera i €5.000, e – nella filiera del turismo – con tutti i problemi derivanti dall’abolizione dell’indennità di disoccupazione stagionale; gli occupati a tempo determinato non superano gli €8.700 annui di retribuzione. Gli effetti di un lavoro povero si ripercuoteranno anche sulle future pensioni.
Il 92,4% del sistema imprenditoriale provinciale è costituito da aziende con meno di 10 addetti, e la metà delle imprese attive (il 50,3% per l’esattezza) sono imprese individuali.
L’allarme per un sistema economico che sta soffrendo un calo significativo, nell’industria manifatturiera, della produzione, del fatturato e degli ordini, con conseguenze per le persone che noi rappresentiamo, con il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato e in somministrazione, così come una maggiore e diffusa richiesta di ammortizzatori sociali. Questo allarme potrebbe diffondersi, qualora non ci fossero serie risposte nel settore edile per le riqualificazioni energetiche e antisismiche.
Un territorio dove il salario annuo dei lavoratori dipendenti (€15.000) è inferiore del 34% rispetto alla media regionale e del 28% rispetto alla media nazionale. E nel quale la differenza salariale di genere si attesta tra l’11% e il 34% se parliamo di contratti a tempo indeterminato; dove l’importo medio annuo delle pensioni è di solo €11.000 lordi.
Inoltre, il tasso di irregolarità riscontrato dall’Ispettorato, superiore al 70%, si verifica in Regione maggiormente nei settori del trasporto e magazzinaggio e dei servizi alloggio e ristorazione, dati in linea con le irregolarità riscontrate in provincia di Rimini.
Dove il tasso più alto di inattività in provincia risulta essere maggiore per il genere femminile piuttosto che maschile. Ancora oggi se parliamo di dimissioni, tra i motivi di recesso, per oltre il 50%, il motivo è collegato alla mancata conciliazione tra lavoro e cura del bambino/a.
Questo fa emergere il radicamento sociale della funzione di cura come prettamente femminile.
Di segno negativo sono anche i dati sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con oltre 150.000 infortuni denunciati a Rimini negli ultimi 10 anni, e 109 lavoratori morti sul lavoro.
È poi un territorio, il nostro, pervaso dalla criminalità e dalla presenza di organizzazioni mafiose, come le indagini della magistratura e delle forze dell’ordine confermano, con ben 55 beni confiscati di cui 23 ancora da assegnare, e ben 27 interdittive emesse dalla Prefettura dal 2020, anno in cui abbiamo sottoscritto il protocollo provinciale per la legalità e lo sviluppo del settore alberghiero.
Per questo, l’istituzione del Tavolo provinciale sulla salute, sicurezza nei luoghi di lavoro e legalità del dicembre scorso, è un passo significativo nella promozione di un ambiente di lavoro sicuro e nel contrasto alla criminalità organizzata, due aspetti strettamente legati tra di loro.
Si tratta ora di renderlo attivo, ma anche di agire per insediare in Prefettura il tavolo sui beni sequestrati e confiscati previsto dal codice antimafia. In questo senso anche i Comuni possono dare ulteriori segnali alla criminalità organizzata aderendo più numerosi ad Avviso Pubblico, la rete di enti locali e regioni contro mafie e corruzione. In provincia di Rimini vi aderisce solo il Comune di Cattolica; nella Regione del processo AEMILIA serve maggiore radicalità nella distintività antimafia degli enti locali.
Eppure, il Governo lo scorso luglio cancella con un tratto di penna i 300 milioni di euro previsti dal PNRR per la valorizzazione dei beni confiscati; toglie 400 milioni al fondo per la disabilità; taglia 350 milioni al fondo affitti, con drastici effetti per oltre 5.000 famiglie nel nostro territorio; sulla salute e sicurezza nessuna strategia nazionale; il Governo approva provvedimenti che sacrificano le regole in favore della semplificazione così come ulteriori forme di precarietà nei rapporti di lavoro; boccia il salario minimo;
afferma un’idea di società nella quale la procreazione dovrebbe essere la massima aspirazione delle ragazze; l’omofobia di Stato si trasforma in normalità e valore; alla parità nel lavoro e nei carichi familiari si risponde premiando le nascite.
Un Governo infastidito da una famiglia che anziché piangere sommessamente la propria figlia vittima di femminicidio, grida quanto la nostra società sia pervasa dal patriarcato.
E questo perché ogni scelta e azione del Governo è impregnata di arretratezza, di nostalgia di un passato che speravamo superato per sempre e che ci spinge in maniera ancora più determinata a ribadire il nostro essere antifascisti.
Se è chiaro, che il lavoro povero, pensioni, fisco ed equità a partire dall’evasione fiscale, non sono nell’agenda politica del Governo, molti sono gli ambiti su cui è necessario intervenire anche nel territorio.
Bisogna continuare a portarli al centro dell’attenzione, continuare a costruire alleanze, ma soprattutto continuare a costruire consenso, iniziativa, mobilitazione in tutti i luoghi di lavoro, tra i pensionati e cittadini.
Un nuovo modello contrattuale aziendale e territoriale
A fronte degli scenari descritti e dando continuità all’importante esperienza prodotta sulla Contrattazione sociale e territoriale, così come con gli importanti Protocolli sottoscritti sulla legalità e appalti nel territorio, questo sarà il terreno politico su cui ci misureremo, affinché i diritti sociali, civili e del lavoro trovino una risposta collettiva, attraverso un nuovo modello contrattuale territoriale che coniughi la contrattazione aziendale con quella territoriale.
Affinché i diritti di cittadinanza, la Costituzione vivano nei luoghi di lavoro, affinché si abbia il diritto di vivere anche in città più sicure.
E per farlo, partiremo dalla raccolta dei fabbisogni attraverso la somministrazione di un questionario elaborato da Ires e che abbiamo chiamato “strumenti di ascolto partecipato per una contrattazione inclusiva”; e poi con l’aggiornamento del nostro Piano del Lavoro attraverso le GRQ (Giornate Rosso Quadrato); e l’impegno nell’organizzare assieme alle categorie momenti di approfondimento interno ed esterno sulle macro aree del sistema economico territoriale, turismo-servizi, manifattura, edilizia, agricoltura.
Entrano a pieno titolo nella nostra contrattazione territoriale la qualità dell’offerta formativa e dell’orientamento, il sostegno all’istruzione e l’edilizia scolastica; le politiche industriali; la qualità dell’offerta turistica; il sostegno a chi il lavoro l’ha perso; il tema dell’abitare e il bisogno di alloggi di edilizia popolare, le bonifiche del territorio e la transizione ecologica ed energetica contro le lobby fossili che si sono rimesse in pista; la pianificazione territoriale e la mobilità per rendere più agevole il trasporto pubblico e la mobilità lenta; la condizione degli anziani, l’accoglienza dei migranti, la condizione di vita degli studenti fuori sede.
Dovremo continuare ad esigere che venga sviluppata la medicina territoriale per il rilancio del Sistema Sanitario universalistico, e che si superi l’insopportabile attesa che oggi è necessaria per qualsiasi tipo di esame o intervento, costringendo i cittadini a rivolgersi alla Sanità privata. Questo naturalmente per chi può permetterselo perché gli altri sono costretti a rinunciare alle cure.
Rimini, 16/1/2024