Continua il tiro al bersaglio nei confronti dei pensionati. Da gennaio 2018 parte il nuovo calendario per l’accredito della pensione

Si dirà: cosa saranno mai 2 – 3 – 5 giorni di ritardo? E invece sono, soprattutto se a farne le spese sono i soliti pensionati che nel 2018 vedranno anche posticipato l’accredito della pensione. Il decreto legge risale al 2015 e in passato questa ennesima penalizzazione era stata evitata, ma nel 2018 andrà in vigore il nuovo scadenzario. In teoria, il pagamento dovrebbe avvenire il secondo giorno del mese ma, considerando le feste, il calendario effettivo sarà questo: 3 gennaio, 2 febbraio, 2 marzo, 3 aprile, 3 maggio, 4 giugno, 3 luglio, 2 agosto, 3 settembre (il 4 per le banche), 2 ottobre, 3 novembre (il 5 per le banche) e 3 dicembre (il 4 per le banche). Qualche giorno in più fa la differenza sia per chi ha pensioni basse se non bassissime, sia perché questa nuova tempistica potrebbe procurare uno scoperto in banca in caso di pagamenti fissati per il primo del mese.

Difficile capire questo accanimento nei confronti dei pensionati che si sta perpetuando da troppo tempo ormai e che non fa che aumentare la sfiducia nelle istituzioni. Non è possibile che invece di dare risposte concrete ai problemi dei pensionati si riversi sulle loro spalle, alimentando un conflitto generazionale altrimenti inesistente, la responsabilità della crisi nel nostro Paese. Tra l’altro dimenticando gli enormi sacrifici che proprio i pensionati hanno dovuto sopportare diventando, di fatto, gli ammortizzatori sociali delle loro famiglie colpite da licenziamenti e disoccupazione.

Ma vediamo chi sarebbero questi “privilegiati”. Nella provincia di Rimini, su un totale di 96.689, i pensionati che ricevono una pensione al di sotto dei 1.000 euro sono 73.574. Di questi 25.326 percepiscono una pensione al di sotto di 500 euro, 38.657 da 750 a 1.000 euro, 9.591 da 1.000 a 1.250 euro. Il posticipo di qualche giorno nel pagamento certo non preoccuperà i 1.035 pensionati che percepiscono una pensione che va dai 3.000 ai 5.000 euro e oltre, ma gli altri, quelli al minimo o quasi, sicuramente sì.

 

Meris Soldati

Segr. generale SPI CGIL Rimini

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In un contesto come quello riminese, dove il 76,7% delle assunzioni avviene attraverso contratti a tempo determinato, il provvedimento varato da maggioranza e Governo è di una pericolosità incredibile. Andando a completare le disposizioni di precedenti provvedimenti (D.l.48/2023 convertito in L.85/2023) il Governo ha di fatto destrutturato le tutele incrementando il lavoro precario: saltano le causali, ovvero il contratto a tempo determinato può essere rinnovato a totale discrezione del datore di lavoro e non esiste più alcun obbligo di stabilizzazione.